La battaglia politica
sull'accordo commerciale di libero scambio tra l'Unione europea e gli Stati
Uniti d'America.
Italia e buon cibo, un
binomio indissolubile. Perciò, andare al supermercato e trovare, ad esempio,
carni in eguale percentuale di provenienza italiana e francese, continua a
disorientarmi, nonostante l’Europa.
Allora penso alla maremma
toscana: non per imprecare, ma per rendere omaggio a quel bos silvestris, capostipite di tutti i bovini europei che Plinio il
Vecchio citava nella sua “Storia Naturale” e che già gli Etruschi allevavano
proprio in queste terre. Non me ne vogliano i vegetariani o vegani se penso
all’allevamento brado ed alla qualità del prodotto.
Del resto, la Francia
è il primo produttore di razze da carne in Europa. Non che io non apprezzi la
carne francese, così come so riconoscere l’eccellenza dell’Angus scozzese: ma
li apprezzo di più come prodotti tipici, ricercati ed esclusivi piuttosto che
come merce da banco. Ovvero, una regolamentazione nella liberalizzazione del
mercato è d’obbligo.
Se questo è un risvolto
dell’Unione economica europea, da qui a dire che potremmo trovarci giornalmente
in tavola un manzo americano, ovvero un celeberrimo Black Angus, ce ne passa. Fare
buona informazione e buona politica sono due compiti ardui, eppure la vocazione
politica e quella giornalistica, sono indici che non calano mai.
Nella puntata de #LE
IENE di domenica 27 novembre 2016, è stato condotto un servizio dal titolo “Il trattato segreto che potrebbe cambiarci
la vita” che ha affrontato la delicata questione, ad oggi lasciata sotto
traccia, sull’intesa Europa e Stati Uniti per la creazione del più grande
polo commerciale del mondo. Infatti, alcuni giorni prima del servizio, il 16
novembre 2016 Barack Obama è volato a Berlino dalla Cancelliera Merkel , in
quella che con tutta probabilità sarà la sua ultima missione all’estero come
Presidente degli Stati Uniti in carica.
Proprio gli accordi
sul TTIP (Partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti)
trattati dal servizio delle Iene, sono stati il piatto principale dell’incontro
e mentre la Cancelliera ed Obama hanno assicurato che la globalizzazione è un
processo irreversibile ed ineludibile, l'accordo commerciale di libero scambio tra l'Unione europea e gli Stati Uniti d'America continua a dividere.
Soprattutto preoccupa
l’uniformazione di regole globali, a fronte delle differenze che esistono tra i
due Paesi nei loro sistemi di regolamentazione sull’utilizzo di pesticidi, Ogm
e sostanze chimiche specifiche: se in Europa, inoltre, vige il principio di
precauzione che richiede un’evidente assenza di rischio per autorizzare un
prodotto negli Usa il loro impiego è meno regolato e più concessivo.
E non a caso ho citato
la Francia, perché proprio Hollande
ha minacciato più volte di far fallire tutta la trattativa, in nome della
difesa dei prodotti nazionali.
A fomentare queste
preoccupazioni, ci hanno pensato le IENE, tralasciando però di dire che le
trattative sono cominciate nel luglio 2013, che ad oggi tale accordo non è
ancora stato approvato e che con Trump presidente Usa potrebbe non esserlo mai.
Ad onor del vero,
infatti, non dimentichiamo che nel programma dei primi cento giorni del tanto
“temuto” Trump, c’è inserito l’annullamento
del Trans-Pacific Partnership (Tpp) ovvero del trattato di
libero scambio con i Paesi asiatici, e il messaggio del Tycoon sul
rafforzamento dell’economia nazionale la dice lunga sul TTIP con l’Europa che
probabilmente rappresenta un obiettivo già defunto.
Come ad onor del vero
va anche detto che i nostri politici, nel primo voto dell’Europarlamento in
merito, hanno votato così:
-a favore: i popolari,
i socialisti e i liberali
contrari: i verdi, la
sinistra radicale, il Movimento 5 Stelle, e vari raggruppamenti di
destra. Non sono mancate, e si rinnovano tutt’oggi, le dissidenze interne ai partiti dei deputati italiani sia di destra
che di sinistra.
Ergo, ogni tanto i media dovrebbero
uscire dalle griglie dell’audience, così come i politici dovrebbero uscire
dalle griglie pseudo-ideologiche, partendo con il ridare il nome giusto alle
cose per poter riconoscere e ristabilire le priorità nell’agenda di un Paese,
che non sono più riconducibili entro i vecchi schemi della politica: ovvero la
destra e la sinistra.