Il
fisico statunitense George W. Pierce, elaborò una legge empirica di calcolo
della temperatura ambientale: “misuriamo con attenzione il numero degli
stridii emessi dal grillo (cri-cri) in otto secondi, poi aggiungiamo quattro ed
avremo l'esatta temperatura del posto in cui ci troviamo”. Dopodiché, il grillo
è diventato leggenda come il termometro dei poveri.
Parto
da questa curiosa premessa, perché si presta come metafora della situazione
politica attuale: quando si dice, nel nome un destino.
I
sondaggi di oggi danno il partito di Grillo al 31,5%, contro il 29,8% del PD
mentre Lega ed FI sotto il 12%. Gli stridii aumentano, ciò significa che la
temperatura è alta. Si parla di temperatura politica, non ambientale, che
chiama in causa lo scontento diffuso attestato dagli indici di povertà che la
scorsa settimana l'Istat riassumeva in questo infausto dato: 1 italiano su 4 è
a rischio povertà o esclusione sociale.
Inutile
non attestare la portata del Movimento 5 Stelle: i grillini hanno decisamente
convogliato il malcontento diffuso a livello nazionale per una situazione di
crisi che dal 2008 non da tregua all'economia mondiale.
Un
italiano su quattro significa che anche la caratterizzazione socio-economica
del nostro Paese è assolutamente scompaginata: il ceto medio non esiste più,
livellato alle categorie sociali che arrivano a fine mese con difficoltà.
Come
è naturale che sia, divampa il malcontento e lo scollamento tra la società
civile ed i partiti della crisi, cioè partiti che di volta in volta governano
senza riuscire a traghettare il Paese fuori dalla crisi. Va dato atto che,
trattandosi di una crisi di dimensioni globali, si tratta di un compito arduo.
Tuttavia,
non sta alla società civile elaborare giustificativi e palliativi per le inefficienze
della nostra classe politica: soprattutto in una situazione in cui alla crisi
economica che gambizza la società civile, corrisponde un imperituro benessere
della classe politica.
Così,
nei corsi e ricorsi della storia, il bisogno di cambiamento attechisce e cresce convogliando il
malcontento e le aspettative diffuse: ora è la volta del Movimento Cinque
Stelle.
Come
nel 1992 la Lega Nord si affermava in piena crisi della prima Repubblica, assestando
un significativo colpo all’impressionante staticità del sistema partitico di
allora: con poche varianti, la scena politica era ancora dominata dagli otto
partiti storici che avevano radici nell’ante guerra. Solo due anni dopo, nel
1994 Forza Italia scardinava l'assetto politico pre-esistente affermandosi come
primo partito con il 21% dei voti. Un'assoluta novità che attechiva sul
collasso del sistema partitico e delle precedenti forze di governo.
Forza
Italia, si era proposta come il partito paladino delle libertà e con questa mission
che è piaciuta agli elettori, è andata molto vicino dal realizzare un
sistema di bipolarismo perfetto, polverizzando il centro ed altri partiti
minori e razionalizzando lo scontro politico nella contrapposizione tra i due
principali partiti.
Già
al referendum del 1993, l'anno precedente l'affermazione di Forza Italia, gli
italiani avevano dato prova, con una delle più elevate partecipazioni
referendarie della storia (80%), del loro orientamento verso la democrazia
maggioritaria, abrogando alcune norme della legge elettorale vigente in Senato
che veniva così trasformata in un senso prevalentemente
maggioritario-uninominale.
Tangentopoli,
la crisi della Prima Repubblica, il collasso di quel sistema di partiti, aveva
generato insofferenza verso una legge proporzionale che assicurava a tutte le
forze politiche garanzie di sopravvivenza, ma produceva anche gli effetti
degenerativi di una partitocrazia compromissoria ove, in un Parlamento in cui
nessun partito ha la maggioranza assoluta dei seggi, la governabilità si lega
necessariamente alla ricerca dell'accordo e della mediazione.
E'
l'effetto perverso della democrazia, o almeno della democrazia italiana:
più variegata è la rappresentanza parlamentare, più debole diventa il governo.
Oggi,
fatto il governo, scopriamo l'inganno. Riconfermo il mio giudizio positivo
sulla scelta del Presidente Mattarella che, a rigor di logica politica e sotto
il profilo della scienza politica, nell'attuale contesto italiano è la migliore
delle decisioni possibili. Infatti, il
governo di scopo a guida politica, come dicevo nel mio articolo di ieri (Una prova di lucidità politica: la scelta di
Mattarella), conferma al partito di maggioranza la responsabilità di
condurre a scadenza gli adempimenti e gli impegni amministrativi che incombono
sull'ordinaria amministrazione di governo e, nel contempo, impegna tutti gli
altri partiti ad un'assunzione di responsabilità nell’accordarsi sulla redigenda legge
elettorale.
L'inganno
per gli italiani è l'autogol del referendum che rischia realmente di riportare
l'Italia indietro di trent'anni, riproducendo quel tripartitismo che dalla
nascita della Repubblica, nel 1946, ha caratterizzato il sistema partitico
italiano, con la variante che sostituisce agli originari tre poli
destra-sinistra-centro, il più insidioso tripolarismo destra-sinistra-contro.
I
grillini, infatti, suonano bene la musica del malcontento, ma oltre a ciò ci
sono delle responsabilità che, come papabile primo partito, non possono più posterizzare.
Bocciato,
con il NO alla riforma costituzionale, il superamento del bicameralismo
paritario, bloccata ogni velleità bipolaristica e ricondotto il sistema
partitico ad una struttura tripartitica, ora urge entrare nella sostanza dello
scontro politico: bisogna esprimersi sulla legge elettorale. Il M5S Ha una
grossa responsabilità: come primo partito, potrebbe spingere molto sul sistema
elettorale misto con premio di maggioranza, ma in tal caso dovrà prepararsi ad
una programmazione politica sostenibile, nella consapevolezza che le alleanze
gli saranno d’ora in poi necessarie. A meno che, non spinga verso un improbabile
sistema maggioritario, ma in tal caso si prepari ad impersonare anche la
politica di destra, per raccogliere voti contro la sinistra, quale unico
rivale.
Siccome
non credo che il Movimento Cinque Stelle possa rappresentare esaustivamente la
destra, conviene che Grillo entri nell’ottica della necessità del confronto e
del dialogo con quei partiti con cui nell'immediato è chiamato a riscrivere la
legge elettorale, così come deciso dal Presidente della Repubblica.