domenica 11 dicembre 2016

LA FREQUENZA (DEL) GRILLO - IL TERMOMETRO DELLA CRISI E L'AUTOGOL PROPORZIONALE.

Il fisico statunitense George W. Pierce, elaborò una legge empirica di calcolo della temperatura ambientale:  “misuriamo con attenzione il numero degli stridii emessi dal grillo (cri-cri) in otto secondi, poi aggiungiamo quattro ed avremo l'esatta temperatura del posto in cui ci troviamo”. Dopodiché, il grillo è diventato leggenda come il termometro dei poveri.

Parto da questa curiosa premessa, perché si presta come metafora della situazione politica attuale: quando si dice, nel nome un destino. 

I sondaggi di oggi danno il partito di Grillo al 31,5%, contro il 29,8% del PD mentre Lega ed FI sotto il 12%. Gli stridii aumentano, ciò significa che la temperatura è alta. Si parla di temperatura politica, non ambientale, che chiama in causa lo scontento diffuso attestato dagli indici di povertà che la scorsa settimana l'Istat riassumeva in questo infausto dato: 1 italiano su 4 è a rischio povertà o esclusione sociale.

Inutile non attestare la portata del Movimento 5 Stelle: i grillini hanno decisamente convogliato il malcontento diffuso a livello nazionale per una situazione di crisi che dal 2008 non da tregua all'economia mondiale.

Un italiano su quattro significa che anche la caratterizzazione socio-economica del nostro Paese è assolutamente scompaginata: il ceto medio non esiste più, livellato alle categorie sociali che arrivano a fine mese con difficoltà. 

Come è naturale che sia, divampa il malcontento e lo scollamento tra la società civile ed i partiti della crisi, cioè partiti che di volta in volta governano senza riuscire a traghettare il Paese fuori dalla crisi. Va dato atto che, trattandosi di una crisi di dimensioni globali, si tratta di un compito arduo.

Tuttavia, non sta alla società civile elaborare giustificativi e palliativi per le inefficienze della nostra classe politica: soprattutto in una situazione in cui alla crisi economica che gambizza la società civile, corrisponde un imperituro benessere della classe politica.

Così, nei corsi e ricorsi della storia, il bisogno di cambiamento  attechisce e cresce convogliando il malcontento e le aspettative diffuse: ora è la volta del Movimento Cinque Stelle.

Come nel 1992 la Lega Nord si affermava in piena crisi della prima Repubblica, assestando un significativo colpo all’impressionante staticità del sistema partitico di allora: con poche varianti, la scena politica era ancora dominata dagli otto partiti storici che avevano radici nell’ante guerra. Solo due anni dopo, nel 1994 Forza Italia scardinava l'assetto politico pre-esistente affermandosi come primo partito con il 21% dei voti. Un'assoluta novità che attechiva sul collasso del sistema partitico e delle precedenti forze di governo.

Forza Italia, si era proposta come il partito paladino delle libertà e con questa mission che è piaciuta agli elettori, è andata molto vicino dal realizzare un  sistema di bipolarismo perfetto, polverizzando il centro ed altri partiti minori e razionalizzando lo scontro politico nella contrapposizione tra i due principali partiti.

Già al referendum del 1993, l'anno precedente l'affermazione di Forza Italia, gli italiani avevano dato prova, con una delle più elevate partecipazioni referendarie della storia (80%), del loro orientamento verso la democrazia maggioritaria, abrogando alcune norme della legge elettorale vigente in Senato che veniva così trasformata in un senso prevalentemente maggioritario-uninominale.

Tangentopoli, la crisi della Prima Repubblica, il collasso di quel sistema di partiti, aveva generato insofferenza verso una legge proporzionale che assicurava a tutte le forze politiche garanzie di sopravvivenza, ma produceva anche gli effetti degenerativi di una partitocrazia compromissoria ove, in un Parlamento in cui nessun partito ha la maggioranza assoluta dei seggi, la governabilità si lega necessariamente alla ricerca dell'accordo e della mediazione.

E' l'effetto perverso della democrazia, o almeno della democrazia italiana: più variegata è la rappresentanza parlamentare, più debole diventa il governo.

Oggi, fatto il governo, scopriamo l'inganno. Riconfermo il mio giudizio positivo sulla scelta del Presidente Mattarella che, a rigor di logica politica e sotto il profilo della scienza politica, nell'attuale contesto italiano è la migliore delle decisioni possibili. Infatti, il governo di scopo a guida politica, come dicevo nel mio articolo di ieri (Una prova di lucidità politica: la scelta di Mattarella), conferma al partito di maggioranza la responsabilità di condurre a scadenza gli adempimenti e gli impegni amministrativi che incombono sull'ordinaria amministrazione di governo e, nel contempo, impegna tutti gli altri partiti ad un'assunzione di responsabilità  nell’accordarsi sulla redigenda legge elettorale.

L'inganno per gli italiani è l'autogol del referendum che rischia realmente di riportare l'Italia indietro di trent'anni, riproducendo quel tripartitismo che dalla nascita della Repubblica, nel 1946, ha caratterizzato il sistema partitico italiano, con la variante che sostituisce agli originari tre poli destra-sinistra-centro, il più insidioso tripolarismo destra-sinistra-contro.

I grillini, infatti, suonano bene la musica del malcontento, ma oltre a ciò ci sono delle responsabilità che, come papabile primo partito, non possono più posterizzare.

Bocciato, con il NO alla riforma costituzionale, il superamento del bicameralismo paritario, bloccata ogni velleità bipolaristica e ricondotto il sistema partitico ad una struttura tripartitica, ora urge entrare nella sostanza dello scontro politico: bisogna esprimersi sulla legge elettorale. Il M5S Ha una grossa responsabilità: come primo partito, potrebbe spingere molto sul sistema elettorale misto con premio di maggioranza, ma in tal caso dovrà prepararsi ad una programmazione politica sostenibile, nella consapevolezza che le alleanze gli saranno d’ora in poi necessarie. A meno che, non spinga verso un improbabile sistema maggioritario, ma in tal caso si prepari ad impersonare anche la politica di destra, per raccogliere voti contro la sinistra, quale unico rivale.

Siccome non credo che il Movimento Cinque Stelle possa rappresentare esaustivamente la destra, conviene che Grillo entri nell’ottica della necessità del confronto e del dialogo con quei partiti con cui nell'immediato è chiamato a riscrivere la legge elettorale, così come deciso dal Presidente della Repubblica.



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