sabato 10 dicembre 2016

UNA PROVA DI LUCIDITA' POLITICA - LA SCELTA DI MATTARELLA

Mentre prende sempre più campo l'ipotesi del governo di scopo come soluzione per il superamento della crisi di governo, vedo confermata la mia analisi che già ieri facevo sull'evoluzione in fieri del quadro politico italiano.

Per questo motivo, invito a dare lettura del mio articolo pubblicato ieri "Il capriccio dell'Italia-no: Corte Costituzionale e Volontà popolare", di cui riprenderò alcuni passaggi chiave, sia per rafforzare la validità dell'ipotesi che presentavo ieri, ma anche per far luce sul giudizio che ne consegue relativamente all'indubbia levatura di cui sta dando prova il nostro Capo di Stato.

Quello che sta succedendo dall'avvio delle consultazioni, infatti, con l'eccessivo risalto mediatico dato alle proposte di soluzione della crisi che i vari partiti stanno presentando al Capo dello Stato, rischia di lasciare sotto traccia il contributo elevatissimo del nostro Presidente della Repubblica. Un contributo che è tutt'altro che standard e scontato ed anzi, con un'inusuale anticipazione ha condotto Mattarella a dichiarare che già in serata, a consultazioni concluse, sarà in grado di fare il punto della situazione: non ci darà il nome del nuovo capo del governo, ma ci ha già fatto capire tanto della sua ipotesi risolutoria.

Dicevo ieri, in una situazione di crisi di governo, la nostra Costituzione chiama in causa il Capo dello Stato e ne espande il ruolo oltre a quello di garante-imparziale dei valori costituzionali, ponendogli in capo la responsabilità di decisioni politiche determinanti per il nuovo assetto di governo.  Così Mattarella è chiamato a fare, disponendo di due poteri: il potere di nomina del Presidente del consiglio (art. 92) ed il potere di sciogliere anticipatamente il Parlamento senza aspettare la fine naturale della legislatura (art. 88).

Ad un primo impatto, la seconda opzione che conduce ad indire nuove consultazioni elettorali, poteva apparire una soluzione scontata: infatti, se il referendum si è tradotto in uno scontro politico sulla legittimazione o de-legittimazione del premier Renzi, questa via si sarebbe posta perfettamente in linea con i tanti proclami anti-renziani che hanno contribuito alla vittoria del NO.

In realtà, l'attuale sistema elettorale italiano complica la questione, poiché è un "grossolano capriccio tecnico" pronto a tradire l'espressione di voto degli italiani (e qui nel mio articolo di ieri aprivo la questione sulla volontà popolare). Con l'Italicum che vale alla Camera dei Deputati ed il Consultellum in vigore al Senato, ci si trova nella evidente impraticabilità di creare una chiara maggioranza, con le inevitabili conseguenze dell'ingovernabilità: come se questa fosse l'abito irrinunciabile (la falla storica) del nostro sistema politico.

Pertanto, i toni alti dei sostenitori del "voto subito" (Movimento Cinque Stelle e Lega) non si possono più sentire: prima urlano che l'Italicum è una legge sbagliata, poi invocano quello che tecnicamente si chiama il governo elettorale a cui si chiede unicamente di portare il Paese al voto con la legge elettorale che c'è, pur con la consapevolezza dell'inevitabile prospettiva di ingovernabilità. E' chiaro, allora, che dal loro punto di vista la sovranità popolare diventa merce di scambio per lo scopo esclusivo della vittoria elettorale. 

Poi ci sono i partiti del governo di scopo che più consapevolmente chiedono al Capo dello Stato di istituire un governo allo scopo di realizzare la nuova legge elettorale per poi rassegnare le dimissioni. Queste volute nel più breve tempo possibile da Fratelli d'Italia, mentre Forza Italia e la componente Bersaniana del PD, non hanno fretta e pensano ad un governo di scopo a lungo termine, che traghetti il Paese fino alla scadenza naturale della legislatura. Si comprende, in questo, che Forza Italia ed il PD hanno bisogno di tempo per ricompattarsi ed arrivare pronti alle elezioni. 

In ogni caso, entro questa più logica cornice del governo di scopo, il Capo dello Stato avrebbe facoltà di scegliere tra un governo politico, presidenziale, tecnico o istituzionale: a tal riguardo non possiamo che confermare quanto detto ieri, ovvero che non sarebbe ragionevole chiedere lo sforzo a Renzi, proprio a fronte di un risultato referendario caratterizzatosi alla stregua di una questione personale. Ed oggi, parrebbe che Mattarella abbia escluso questa via, dopo aver chiesto lo sforzo a Renzi limitatamente all'approvazione del bilancio.

In questo contesto, i proclami di oggi di Alfano e di Verdini che urlano "al governo di tutti o il Renzi-bis" sembrano note scordate. Già spiegate sopra le ragioni dell'insostenibilità del Renzi-bis, il governo di tutti è al pari insostenibile laddove il governo non è caduto sul venire meno della maggioranza, che dovrebbe anzi proseguire con le proprie responsabilità. 

Come altrettanto insostenibili sono i proclami di autentica follia di SEL e di altri partiti minori, che invocano la rottura con Renzi e spingono per il governo delle larghe intese, nella speranza di poter continuare a contare qualcosa.  

Renzi a parte, il governo di scopo nasconde però l'insidia dei tempi lungi dell'accordo tra i partiti sulla legge elettorale: e qui il timing con la scelta del nostro Capo di Stato, chiama in causa la responsabilità dei nostri rappresentanti politici.

Come ho già detto ieri, a nulla può valere l’alibi della Corte Costituzionale, che non è preposta a sciogliere il bandolo della matassa della questione elettorale: al di là dei profili di incostituzionalità rilevati e rilevabili, non è ammesso un giudizio preventivo su una causa non ancora sviluppata, ovvero su una legge non ancora applicata. La legge elettorale, comunque, deve essere riscritta dal Parlamento.

Così, a poche ore dalla chiusura delle consultazioni, torno a sostenere che il timing appare ben scandito da Mattarella, orientato verso un governo di scopo a guida politica, guidato da un leader politico, Gentiloni o no, della maggioranza. Un tipo di governo, dunque, che inchioderebbe il PD alle proprie responsabilità ed impegnerebbe tutti i partiti nel raggiungimento di un serio accordo elettorale per condurre al voto gli italiani nel breve termine.




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