In
evidenza nell'agenda politica nazionale, c'è l'impegnativa questione
che riguarda la legge elettorale. Fin dal suo discorso di insediamento, il
Presidente del Consiglio Gentiloni aveva indicato la necessità di un
sistema elettorale omogeneo tra Camera e Senato poiché oggi sono in vigore in
Italia due leggi diverse ed incoerenti: il Consultellum per il Senato e
l'Italicum per la Camera e, quest'ultima, potrebbe oltretutto risultare
incostituzionale.
Pertanto,
al di là dalle urgenze gridate dalle varie forze politiche, un passaggio
parlamentare sulla questione appare inevitabile e la durata dipende
proprio dalla loro capacità di trovare un compromesso e dalla loro volontà
di raggiungere un accordo il più rapido possibile sulle regole del gioco.
Pressoché
tutte le forze politiche dicono di voler cambiare il vigente sistema
elettorale, ma la sensazione è che nessuno sappia come, ed il timore è che
nessuno lo voglia subito.
Così,
per la seconda volta in un mese, la palla viene giocata in prima battuta dalla
Consulta. Dopo il suo pronunciamento sui quesiti referendari proposti dalla
CGIL sul Jobs Act, infatti, il 24 gennaio la Corte Costituzionale torna a
tracciare in percorso, con l'avvio dell'esame sull'Italicum del quale, pare,
potrebbe individuare almeno sei profili di incostituzionalità. I più
importanti riguarderebbero il premio di maggioranza e la questione del
ballottaggio che assegna un grosso premio di maggioranza, ma anche
aspetti secondari come la presenza di "capilista bloccati"
(già dichiarata incostituzionale nella precedente legge elettorale, il
cosiddetto “Porcellum” poi corretto dalla Consulta nell'attuale legge
"Consultellum").
L’Italicum,
è una legge creata per garantire in ogni circostanza una netta maggioranza in
Parlamento per chi ha un voto in più degli altri, entro un panorama politico
non più bipolarista: un sistema studiato ad hoc, con forzatura
maggioritaria, per disinnescare l’attuale tripolarismo italiano
con un grosso premio di maggioranza che viene assegnato a chi ottiene il
40 per cento dei consensi su base nazionale o vince un ballottaggio tra i due
partiti più votati.
In
effetti, in presenza di una frammentazione elettorale in 3-4 blocchi di
medie dimensioni (PD, M5S, Lega Nord e Forza Italia) un eventuale Parlamento
riuscirebbe a formare una maggioranza solo grazie ad ampie ed instabili
coalizioni: l’Italicum era stato pensato proprio come un compromesso per
evitare questo risultato. D’altro canto, diventa difficile
legittimare questa forzatura che assegna la maggioranza a una forza
parlamentare votata soltanto da una minoranza dell’elettorato.
A
complicare la situazione, c'è il fallimento del referendum che ha lasciato il
Senato com’è adesso nella sua forma e nelle sue funzioni, con una
situazione opposta. La legge elettorale, infatti, è il cosiddetto “Consultellum”
che è un proporzionale quasi puro che fa l’esatto contrario dell’Italicum,
ossia produce un’altissima frammentazione del voto e rende
pressoché impossibile formare una maggioranza.
Per
queste ragioni, tutti i partiti riconoscono la necessità di una legge
elettorale organica, ma al momento le proposte in campo sono variegate e
rispecchiano, inevitabilmente, le esigenze di risultato.
Il
PD vuole andre al voto col "Mattarellum", che è la legge elettorale
già in uso dal 1993 poi sostituita nel 2005 dal cosiddetto
"Porcellum" che ha disciplinato l'elezione della Camera dei
deputati e del Senato della Repubblica in Italia fino al 2013. Il
"Mattarellum" è un sistema che assegna il 75 per cento dei seggi col
maggioritario ed il 25 per cento col proporzionale: è una legge elettorale
proporzionale con premio di maggioranza e liste bloccate, che pertanto
riunisce tre diverse modalità di ripartizione dei seggi (quota maggioritaria di
Camera e Senato, recupero proporzionale al Senato, quota proporzionale alla
Camera) e per tale ragione venne anche chiamato col nome del mostruoso essere della mitologia greca, "Minotauro" mezzo uomo e
mezzo toro.
Lega
Nord e Fratelli D'Italia appoggerebbero questa proposta. Forza Italia, invece,
che non è più l'altro polo di un superato sistema bipolaristico, chiede una
legge proporzionale così come le altre formazioni politiche più piccole che,
naturalmente, chiedono soglie di sbarramento non troppo alte.
Il
M5s, invece, se in un primo momento spingeva per le elezioni rapide a
prescindere dalla sentenza della Consulta, oggi chiede di andare al voto subito
DOPO il pronunciamento della Corte Costituzionale recependone le indicazioni.
In
questa situazione, la decisione di affidare alla Consulta il compito di guidare
il percorso di riforma della legge elettorale entro la nassa delle
antagonistiche proposte dei vari partiti, naturalmente dettate dai loro
primari bisogni di risultato, appare la soluzione più consona. Se poi, la legge
elettorale emendata dalla Corte Costituzionale fosse immediatamente
applicabile, la possibilità di andare alle urne in tempi brevi sarebbe davvero
concreta: con buona pace di tutti quei politici che sperano in un rinvio dopo il mese di settembre, per
garantirsi le proprie indennità.
Stando
alle norme approvate nel 2012 che hanno introdotto il calcolo su base
contributiva, infatti, i requisiti per il pensionamento di tutti i parlamentari alla
prima legislatura prevedono il traguardo dei quattro anni, sei mesi e un
giorno di lavoro in Aula. Dato che il Parlamento italiano si è insediato il 15
marzo del 2013, per avere il vitalizio la legislatura non dovrebbe terminare
prima del 16 settembre 2017. A pensar male si fa peccato ma spesso si
indovina, diceva qualcuno..
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