Era il 26 luglio del 1981
quando, in un'intervista destinata ad entrare nei manuali della
storia, rilasciata al fondatore del quotidiano La Repubblica, Eugenio
Scalfari, l'allora segretario del Partito Comunista Italiano, Enrico
Berlinguer, per la prima volta chiariva cos'era la "questione
morale": "I partiti hanno degenerato e questa è l'origine
dei malanni d'Italia....I partiti hanno occupato lo Stato e tutte le sue
istituzioni, a partire dal governo. Hanno occupato gli enti locali, gli enti di
previdenza, le banche, le aziende pubbliche, gli istituti culturali, gli
ospedali, le università, la Rai TV, alcuni grandi giornali".
Prima di lui, già fin dagli
albori della nostra vita repubblicana, alcuni illustri politologi avevano
intravisto le prospettive degenerative intrinseche di un sistema partitico
nazionale caratterizzato da alta frammentazione di potere. Il Testo
costituzionale italiano aveva sancito per la prima volta in Europa la
rilevanza costituzionale dei partiti politici, cui veniva dedicato un apposito
articolo: "Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in
partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica
nazionale" - art. 49 Costituzione. Ma già a partire
dall'anno successivo all'entrata in vigore della nostra Costituzione, dopo la
brevissima esperienza appena intercorsa di collaudo della nuova Repubblica dei
partiti e con un certo anticipo rispetto alla grande disputa italiana
sui partiti che esplode negli anni cinquanta, lo storico e filosofo del
diritto Giacomo Perticone, nella sua relazione presentata nel
settembre 1949 al Congresso di Scienze Politiche di Zurigo titolata "Rappresentanza
Politica e partito nello Stato contemporaneo" (contenuta nell'opera"Scritti
di filosofia giuridica e politica"), avrebbe dato inizio alla sua
infaticabile polemica contro la partitocrazia.
La questione morale coincideva,
allora, con "l'autocrazia di partito" ovvero con la fenomenologia di
una forma-partito che, in quanto organizzata per la disciplina del voto, mette
necessariamente in crisi la rappresentanza politica: "Plasticamente
vediamo che: quanto più si allarga la base, tanto più si restringe l'apice del
partito, fino alla punta di spillo" (G. Perticone, Partito
politico in "Novissimo Digesto").
In buona sostanza la questione
morale, con varianti di maggior o minor spessore, ha attraversato fin dalla sua
nascita il sistema partitico nazionale e, credo di non sbagliare nel dare atto
al Movimento Cinque Stelle di averla riproposta, pur con un maldestro
tentativo più carico di contraddizioni che di sostanza, alla ribalta delle
attuali questioni politiche nazionali. Non si risentano, quindi, gli studiosi
della storia politica sempre poco inclini ad accostare la levatura dei nostri
padri politici alla farraginosità delle personalità politiche odierne.
Ho già parlato a lungo
delle contraddizioni a
cinque stelle ed anche della potenziale pericolosità
insita nella destituzione totale del valore delle tradizionali categorie
politiche con la sistematica apologia del Blog assurto a fulcro
dell'azione politica e dottrinaria, nel maldestro tentativo di sostituire
la democrazia diretta a quella rappresentativa con regole che spesso
rasentano l'incostituzionalità.
Basti pensare alle
epurazioni/sospensioni/sanzioni previste in caso di mancato rispetto dei
principi del Movimento e che, implicitamente impongono agli eletti un vincolo
di mandato che contraddice il divieto di mandato imperativo sancito
all'art. 67 della Costituzione "Ogni membro del Parlamento
rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato".
Tale principio, era stato
concepito proprio allo scopo, opposto a quello del M5S, di sganciare gli uomini
politici dai possibili ricatti di partito, al fine di garantire la
democrazia impegnando l'eletto in via esclusiva al suo impegno politico,
piuttosto che al potere del partito. Purtroppo, la storia ci ha anche
insegnato di come gli abusi di questo principio abbiano consacrato forme degenerative
di trasformismo politico, con le inevitabili frequenti instabilità
derivate all'intero sistema politico nazionale.
Pur avendo avuto il merito di
averne riproposta la valenza, il M5S non riesce però a portare a soluzione la
questione morale che, infatti, non può in alcun modo derivare dalla pericolosa
destituzione dei principi costitutivi dello Stato di Diritto che, ipse
dixit, conduce alla negazione stessa dei principi democratici che si
vogliono difendere.
Quid agendum? Resta da chiedere: come fare?
Perticone parlava della partitocrazia come di un problema costituzionale :
forse sarebbe ora di intervenire attraverso una revisione dell'intero
sistema. A partire dal recupero ad opera della politica di una
coerenza con sé stessa, per affrontare con doverosa serietà l'esigenza di
produrre le necessarie modifiche, finanche costituzionali che favoriscano la
partecipazione democratica e risolvano la distorsione in atto del concetto di
rappresentanza politica.
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