lunedì 16 gennaio 2017

LA BUONA SCUOLA...A RICREAZIONE!

Dopo la pronuncia della Consulta che ha salvato di fatto l’impianto complessivo della Legge 107/2015, il Consiglio dei Ministri del 14 gennaio 2017 ha approvato 8 delle 9 deleghe previste. Materie oggetto delle deleghe: inclusione scolastica, cultura umanistica, diritto allo studio, formazione iniziale e accesso all'insegnamento nella scuola secondaria di primo e secondo grado, istruzione professionale, scuole italiane all'estero, sistema integrato di istruzione dalla nascita fino a sei anni, valutazione e certificazione delle competenze ed Esami di stato.

Materie delicate ed importanti, dunque, che secondo i sindacati avrebbero dovuto essere affrontate in maniera diversa, con un confronto reale e costruttivo tra le forze sindacali, le associazioni e le varie rappresentanze. La pressante sentenza europea che ha intimato la stabilizzazione degli insegnanti precari, ha però dettato i tempi di approvazione di un decreto che meritava più attenzione su alcune questioni sostanziali, ma anche merito. Nella sostanza, ad esempio, difficilmente saranno prodotte le 250 mila assunzioni attese.

Una delle questioni cruciali del pacchetto buona scuola, riguarda la riforma della formazione e del reclutamento del personale, per cui cambia l'iter di reclutamento dei docenti: spariscono le graduatorie ad esaurimento e viene prevista la partecipazione ad un concorso (che avrà una cadenza triennale) riservato ai laureati, il superamento del quale da diritto di accesso ad un percorso formativo triennale che si conclude con l'assunzione a tempo indeterminato. Naturalmente, i sindacati sono entrati a gamba tesa su questa questione, poiché non sono chiari i passaggi della fase transitoria prevista dal decreto per chi è già iscritto nelle graduatorie di istituto.

Tralasciando osservazioni prettamente tecniche sulla riforma avviata da Renzi nel 2015, mi concedo piuttosto un giudizio di merito su un aspetto particolare dell'impianto complessivo. A partire dalla questione appena esposta, si comprende che anche le insegnanti dell'asilo nido dovranno essere in possesso di laurea triennale.

Un balzello di non poco conto, entro un sistema-lavoro in cui al crescente livello di professionalità richieste per l'accesso alle varie competenze, non corrisponde una proporzionata offerta di lavoro. E' un fatto che per accedere ai concorsi per categorie D nella pubblica Amministrazione (e non stiamo parlando della NASA) non siano sufficienti le lauree magistrali umanistiche, e che pertanto un laureato in lettere (salvo particolari ed eccezionali concorsi) potrà concorrere solo per le categorie C, ovvero per quelle aperte ai diplomi generici.

Siamo spettatori di una sclerotizzazione della formazione professionalizzante, a cui non solo non corrisponde una proporzionata offerta lavorativa, ma a cui fa anche da contraltare un discapito generale della formazione culturale. Ciò è visibile nei dati in aumento del fenomeno di disaffezione ed abbandono (soprattutto tra i maschi nel corso delle scuole superiori) e nell'abbassamento dei livelli di capacità culturale che Tullio De Mauro, illustre italianista, storico e docente universitario, nonché Ministro dell'Istruzione per un breve periodo, aveva annunciato nel corso di un'intervista di circa un anno fa.

I sondaggi fatti durante l'appena trascorsa campagna referendaria, hanno confermato questi dati imbarazzanti che pongono l'Italia prima solo alla Spagna, tra i paesi ricchi in Europa, in termini di conoscenza e competenza. Ben oltre la metà degli italiani intervistati aveva dichiarato di non aver letto la Costituzione italiana attestando di fatto, con questa elevatissima percentuale, l'ampia fetta di popolazione che ha competenze minime per orientarsi nella società contemporanea.

E' evidente, dunque, l'esigenza di agganciare in primis la scuola ai valori fondanti della nostra società, a partire dai valori della Costituzione. Perfino i regimi dittatoriali di massa degli anni Trenta avevano ben compreso il potenziale enorme rappresentato dell'educazione scolastica: una vera e propria industria di reclutamento ove plasmare il consenso. Strumentalizzazioni a parte, va da sé che la scuola sia la culla del senso civico di una nazione: a partire da qui, non si può che biasimare la pressappochezza di una riforma che non incide nel quadro complessivo di riassetto e di organizzazione dell'intero sistema di istruzione.

In questo solco, Vi rimando alla petizione on line che ho lanciato sulla piattaforma change.org proprio in occasione del Referendum di modifica costituzionale: "Educazione civica nelle scuole". La petizione è un prezioso strumento di democrazia diretta, contemplato all'art. 50 della nostra Costituzione che recita:  "Tutti i cittadini possono rivolgere petizioni alle Camere per chiedere provvedimenti legislativi o esporre comuni necessità".

Si tratta di una petizione di sensibilizzazione e come tale non abbisogna di soglie minime di firmatari. E' diretta al nostro Ministro della Pubblica Istruzione On. Valeria Fedeli ed ha questo contenuto: "I sondaggi referendari 2016 hanno rilevato che la Costituzione non è stata letta da ben oltre la metà degli italiani. Ciò è sintomatico dell'ignoranza politica a cui siamo esposti e formati. Si parla di partecipazione democratica, ma spesso non ne conosciamo le regole. Reintroduciamo l'insegnamento dell'Educazione Civica nelle scuole primarie di primo e secondo grado e l'insegnamento di Diritto Costituzionale in tutte le scuole superiori".

Se credete, sostenetela.





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