E' durato solo un giorno
lo slancio europeista di Grillo, esauritosi in un inane trasformismo.
Con un'iniziativa a sorpresa, o forse è meglio
dire assunta d'imperio in barba ai diretti interessati, ovvero senza alcun
preavviso per gli europarlamentari pentastellati, Grillo ha aperto le
consultazioni on-line degli iscritti per decidere, tra le 10:00 di domenica e
le 12:00 di lunedì, l’uscita dal gruppo dall'EFDD e l’ingresso nell’ALDE
in Europa, poi ratificata con un inspiegabile 78,5% di voti favorevoli degli
iscritti.
L'euroscetticismo si sa, è sempre stato il
cavallo di Troia della propaganda politica dei Cinque Stelle e non serve buona
memoria per ricordarne i proclami. La recente campagna referendaria a favore
del No alle modifiche costituzionali, è stata giocata proprio dai grillini con
evidenti insistenze, nonché forzature, sullo spauracchio della fagocitazione
eurocentrica della nostra sovranità nazionale.
Eppure, Grillo ha fatto
l'azzardo, tentando l'ingresso nell'Alleanza dei Democratici e dei
Liberali per l’Europa (ALDE): proprio così, nel gruppo di
orientamento liberale ed eurocentrista, presieduto dal quel Guy
Verhofstadt che non più tardi di un anno fa, in un post del luglio del 2015 era
stato definito dal gruppo europarlamentare del M5S “impresentabile” e
descritto come «il politico che più dentro al Parlamento europeo incarna
l’euroStatocentrismo».
Oltretutto, l'eurosvolta è stata motivata da
Grillo con un proclama che ha il sapore del trasformismo riproposto, senza
riserve, nella variante più sfrontata: "questa posizione ci avrebbe
consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma":
ovvero come conquista di un avamposto da utilizzare apertamente per i propri
fini politici.
Ci ha pensato il capogruppo dell'ALDE a stoppare
sul nascere questa virata al trasformismo politico a cui noi italiani, ahimé,
siamo abituati fin dagli arbori della nostra democrazia, con sistematici abusi
del divieto di mandiato imperativo sancito all'art. 67 del testo
costituzionale e che proprio il Movimento 5 Stelle ha contestato a parole e
nei fatti.
Certamente affascinante, infatti, è stato il
sibillino motto: "Il Movimento 5 Stelle garantisce ai cittadini che chi
tra i suoi eletti non rispetta i principi a cui ha aderito come portavoce viene
messo fuori dalla porta". Dal 2012 ad oggi è lunga la lista degli
epurati, sospesi, sanzionati, con più di sessanta espulsi dal Movimento, senza
possibilità di replica, in pseudo difesa dei principi di coerenza democrazia.
Così, all'indomani del niet dei liberali
europei che ha ricacciato nell'EFDD il gruppo pentastellato, con proprio
tornaconto del clemente Nigel Farage che, però, non ha risparmiato ai grillini
di pagare pegno dettando dure condizioni nel corso della Skipe call conference
di ieri con Grillo, siamo indotti a riflettere sulla credibilità del
Movimento che ora ri-stazione nel gruppo degli euroscettici più per
necessità che per virtù: l'uscita formale dei 17 eurodeputati del M5S dal
gruppo EFDD avrebbe, infatti, comportato per i grillini la perdita di circa una
ventina di funzionari di gruppo, l'esclusione dell'accesso alle cariche nelle
Commissioni parlamentari e del potere di influenza sui principali dossier.
"Ogni membro
del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue
funzioni senza vincolo di mandato" fu scritto all'art. 67 della
nostra Carta fondamentale dai padri costituenti. Tale principio era stato
concepito allo scopo di garantire la democrazia, ritenendo opportuno che
ogni singolo parlamentare non fosse vincolato da
alcun mandato né verso il partito cui apparteneva quando si
era candidato, né verso il programma elettorale, né verso gli elettori che,
votandolo, gli avevano permesso di essere eletto a una delle due Camere. La
storia successiva, purtroppo, ci ha insegnato che le degenerazioni proprie
della partitocrazia hanno affondato le loro radici nell'abuso di questo
sacrosanto principio democratico che nasceva proprio allo scopo opposto di
sganciare gli uomini politici dai possibili ricatti di partito.
Invero, il rapporto del Movimento 5 Stelle
con il testo Costituzionale appare ad ogni occasione un rapporto conflittuale,
ed anzi, strumentale.
La svolta eurocentrica, letta come riproposizione
degli usi e degli abusi delle consuetudini politiche nazionali e prima ancora, la svolta garantista con lo scudo pentastellato
lanciato da Grillo a protezione della Sindaca Raggi, nonché la stessa battaglia per
il NO alla riforma costituzionale che ha abbindolato i molti cittadini,
lasciati poi a plaudire la grottesca riconferma delle tante (troppe) poltrone
di Palazzo Madama: sono segnali che riallineano la posizione dei Cinque Stelle
alle categorie classiche della politica nazionale.
Tutto questo, però, a discapito dell'esclusività
di un Movimento che ci aveva abituati a spallate indefesse al sistema politico
vigente, con il ricorso a metodi che destituiscono del loro valore le
tradizionali categorie politiche di cui, anzi, ne demoliscono spazi e luoghi a
partire dalle nuove forme della partecipazione politica che si fonda sul
reclutamento di rete ed affida la comunicazione politica in via esclusiva alle
web cam. Esemplare in questo senso, il video messaggio con cui la Sindaca Raggi
comunicava le dimissioni dell'Assessore Muraro.
Ma, una volta messi in discussione gli usuali
metodi di far politica, i nuovi capisaldi del Movimento Cinque Stelle avrebbero
dovuto ergersi come roccaforti di un'ideologia trasversale coerente, senza
cedere ad alcuna lusinga o tentazione opportunistica che, inevitabilmente,
aprono una questione di credibilità.
Allora, riguardando all'impegno dei grillini sui
massimi sistemi, viene da chiedere quale ne sia il fondamento ideologico, se
esiste, e nasce spontaneo il dubbio sulla validità delle prese di posizione
assunte su questioni cruciali, come il referendum di modifica costituzionale: è arrivata
l'ora che il Movimento 5 Stelle faccia chiarezza e, soprattutto, si costituisca
partito.
Ciò al fine di evitare di percorrere strade già
battute, e di ridursi a clone del già sperimentato Movimento per le Libertà, ove le
decisioni di un leader sono vincolanti per la base che, nel caso dei grillini,
oltretutto rischia di smarrirsi nei sentieri impervi della ricerca di
un'identità.
Valga per
Grillo la lezione di Verhofstadt: un veto pubblico e chiaro ad operazioni di
trasformismo, che nulla hanno a che vedere con ripensamenti chiari e sinceri
(che sono altra cosa). Un buon incipit da cui ripartire, se non un epilogo su
cui arretrare.
Nessun commento:
Posta un commento