mercoledì 11 gennaio 2017

UN GIORNO IN EUROPA: TRASFORMISMO A CINQUE STELLE

E' durato solo un giorno lo slancio europeista di Grillo, esauritosi in un inane trasformismo.

Con un'iniziativa a sorpresa, o forse è meglio dire assunta d'imperio in barba ai diretti interessati, ovvero senza alcun preavviso per gli europarlamentari pentastellati, Grillo ha aperto le consultazioni on-line degli iscritti per decidere, tra le 10:00 di domenica e le 12:00 di lunedì, l’uscita dal gruppo dall'EFDD e l’ingresso nell’ALDE in Europa, poi ratificata con un inspiegabile 78,5% di voti favorevoli degli iscritti. 

L'euroscetticismo si sa, è sempre stato il cavallo di Troia della propaganda politica dei Cinque Stelle e non serve buona memoria per ricordarne i proclami. La recente campagna referendaria a favore del No alle modifiche costituzionali, è stata giocata proprio dai grillini con evidenti insistenze, nonché forzature, sullo spauracchio della fagocitazione eurocentrica della nostra sovranità nazionale.
Eppure, Grillo ha fatto l'azzardo, tentando l'ingresso nell'Alleanza dei Democratici e dei Liberali per l’Europa (ALDE): proprio così, nel gruppo di orientamento liberale ed eurocentrista, presieduto dal quel Guy Verhofstadt che non più tardi di un anno fa, in un post del luglio del 2015 era stato definito dal gruppo europarlamentare del M5S “impresentabile” e descritto come «il politico che più dentro al Parlamento europeo incarna l’euroStatocentrismo».

Oltretutto, l'eurosvolta è stata motivata da Grillo con un proclama che ha il sapore del trasformismo riproposto, senza riserve, nella variante più sfrontata: "questa posizione ci avrebbe consentito di rendere molto più efficace la realizzazione del nostro programma": ovvero come conquista di un avamposto da utilizzare apertamente per i propri fini politici.

Ci ha pensato il capogruppo dell'ALDE a stoppare sul nascere questa virata al trasformismo politico a cui noi italiani, ahimé, siamo abituati fin dagli arbori della nostra democrazia, con sistematici abusi del divieto di mandiato imperativo sancito all'art. 67 del testo costituzionale e che proprio il Movimento 5 Stelle ha contestato a parole e nei fatti. 

Certamente affascinante, infatti, è stato il sibillino motto: "Il Movimento 5 Stelle garantisce ai cittadini che chi tra i suoi eletti non rispetta i principi a cui ha aderito come portavoce viene messo fuori dalla porta". Dal 2012 ad oggi è lunga la lista degli epurati, sospesi, sanzionati, con più di sessanta espulsi dal Movimento, senza possibilità di replica, in pseudo difesa dei principi di coerenza democrazia.

Così, all'indomani del niet dei liberali europei che ha ricacciato nell'EFDD il gruppo pentastellato, con proprio tornaconto del clemente Nigel Farage che, però, non ha risparmiato ai grillini di pagare pegno dettando dure condizioni nel corso della Skipe call conference di ieri con Grillo, siamo indotti a riflettere sulla credibilità del Movimento che ora ri-stazione nel gruppo degli euroscettici più per necessità che per virtù: l'uscita formale dei 17 eurodeputati del M5S dal gruppo EFDD avrebbe, infatti, comportato per i grillini la perdita di circa una ventina di funzionari di gruppo, l'esclusione dell'accesso alle cariche nelle Commissioni parlamentari e del potere di influenza sui principali dossier. 

"Ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato" fu scritto all'art. 67 della nostra Carta fondamentale dai padri costituenti. Tale principio era stato concepito allo scopo di garantire la democrazia, ritenendo opportuno che ogni singolo parlamentare non fosse vincolato da alcun mandato né verso il partito cui apparteneva quando si era candidato, né verso il programma elettorale, né verso gli elettori che, votandolo, gli avevano permesso di essere eletto a una delle due Camere. La storia successiva, purtroppo, ci ha insegnato che le degenerazioni proprie della partitocrazia hanno affondato le loro radici nell'abuso di questo sacrosanto principio democratico che nasceva proprio allo scopo opposto di sganciare gli uomini politici dai possibili ricatti di partito.

Invero, il rapporto del Movimento 5 Stelle con il testo Costituzionale appare ad ogni occasione un rapporto conflittuale, ed anzi, strumentale. 

La svolta eurocentrica, letta come riproposizione degli usi e degli abusi delle consuetudini politiche nazionali e prima ancora, la svolta garantista con lo scudo pentastellato lanciato da Grillo a protezione della Sindaca Raggi, nonché la stessa battaglia per il NO alla riforma costituzionale che ha abbindolato i molti cittadini, lasciati poi a plaudire la grottesca riconferma delle tante (troppe) poltrone di Palazzo Madama: sono segnali che riallineano la posizione dei Cinque Stelle alle categorie classiche della politica nazionale. 

Tutto questo, però, a discapito dell'esclusività di un Movimento che ci aveva abituati a spallate indefesse al sistema politico vigente, con il ricorso a metodi che destituiscono del loro valore le tradizionali categorie politiche di cui, anzi, ne demoliscono spazi e luoghi a partire dalle nuove forme della partecipazione politica che si fonda sul reclutamento di rete ed affida la comunicazione politica in via esclusiva alle web cam. Esemplare in questo senso, il video messaggio con cui la Sindaca Raggi comunicava le dimissioni dell'Assessore Muraro. 

Ma, una volta messi in discussione gli usuali metodi di far politica, i nuovi capisaldi del Movimento Cinque Stelle avrebbero dovuto ergersi come roccaforti di un'ideologia trasversale coerente, senza cedere ad alcuna lusinga o tentazione opportunistica che, inevitabilmente, aprono una questione di credibilità. 

Allora, riguardando all'impegno dei grillini sui massimi sistemi, viene da chiedere quale ne sia il fondamento ideologico, se esiste, e nasce spontaneo il dubbio sulla validità delle prese di posizione assunte su questioni cruciali, come il referendum di modifica costituzionale: è arrivata l'ora che il Movimento 5 Stelle faccia chiarezza e, soprattutto, si costituisca partito. 

Ciò al fine di evitare di percorrere strade già battute, e di ridursi a clone del già sperimentato Movimento per le Libertà, ove le decisioni di un leader sono vincolanti per la base che, nel caso dei grillini, oltretutto rischia di smarrirsi nei sentieri impervi della ricerca di un'identità.


Valga per Grillo la lezione di Verhofstadt: un veto pubblico e chiaro ad operazioni di trasformismo, che nulla hanno a che vedere con ripensamenti chiari e sinceri (che sono altra cosa). Un buon incipit da cui ripartire, se non un epilogo su cui arretrare.

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